Wednesday, February 23, 2011

ARGENTINA: dalle cascate di Iguazù ad Ushuaia








ARGENTINA:





dalle cascate di Iguazù ad Ushuaia attraverso la Patagonia.







Ai nostri amici che questa volta non hanno potuto accompagnarci. Ci sono mancati.

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Dopo il racconto: per saperne di più
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Per vedere il film su YouTube (in tre parti): http://www.youtube.com/user/omarmagazine




Questa volta, nonostante le distanze superassero ampiamente i 6.000 km. da percorrere, non è stato un viaggio on the road. Abbiamo rinunciato all'auto e tutti gli spostamenti li abbiamo fatti con voli interni. Questo perchè un po' abbiamo organizzato tutto in poco più di 2 mesi e un viaggio così, su strada avrebbe richiesto molto più tempo e poi perchè, comunque, avremmo dovuto fare almeno 2 voli interni: tornare da Ushuaia a Buenos Aires (più di 3.000 km.) in auto avrebbe richiesto 4/5 giorni a tappe forzate e già così il viaggio era di 22 giorni, voli compresi.
Quindi deciso come spostarci, la prima cosa da fare è stato trovare i voli internazionali e subito dopo quelli domestici. C'è da spiegare che per volare all'interno dell'Argentina, la maniera più economica è fare una specie di abbonamento, cioè comprare dei carnet con un minimo di tre voli.
Noi abbiamo optato per Visite Argentina della Aerolineas Argentinas in quanto avevamo trovato appunto, come più economici, i voli internazionali della stessa compagnia di bandiera, che all'interno opera con Austral Lineas Aereas e che offre uno sconto se si acquistano i voli interni avendo i suoi biglietti per quelli intercontinentali.
I biglietti Roma - Buenos Aires e ritorno li ho acquistati io direttamente usando eDreams mentre quelli domestici li ho fatti prendere dall'agenzia di viaggi a Buenos Aires che mi ha fornito i servizi a terra.
Per questo capitolo dobbiamo aprire una parentesi: forte dell'esperienza del viaggio in Namibia, dove usando un'agenzia in loco, gestita da un'italiana, ero riuscito a risparmiare parecchio baipassando gli operatori italiani, mi sono messo a cercare un'agenzia a Buenos Aires possibilmente gestita da italiani, o comunque con qualcuno che parlasse italiano. Dopo moltissime ricerche, e-mail, chiamate con Skype (che invenzione, forse la migliore del weeb) e quando quasi disperavo, ho finalmente trovato quello che cercavo: Argentinian Explorer, un'agenzia di viaggi che ha una sezione dedicata agli italiani, con un sito apposito e personale che parla, bene o male, la nostra lingua e addirittura una banca d'appoggio a barcellona in Spagna per i bonifici che così vengono a costare meno come commissioni.
Aggiustato il programma il più possibile come lo volevo, alla fine il 31 gennaio siamo partiti. Abbiamo parcheggiato a Roma Fiumicino al ParkinGo, come sempre, per me è il miglior parcheggio, con un ottimo servizio di navette, al miglio prezzo e alle 14:25 siamo partiti per Madrid con un volo Alitalia cui si appoggia Aerolineas Argentinas per i voli verso la Spagna.
Alle 22:00 si è alzato il volo da Madrid che ci avrebbe portato in Argentina dopo 13 ore di volo notturno durante il quale siamo anche riusciti a dormire quasi 5 ore.
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Buenos Aires ci accoglie quando ancora è buio e le luci, viste dall'aereo, disegnano una città immensa, una vera metropoli con i suoi 13.000.000 di abitanti di tutta l'area metropolitana.
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Ad aspettarci c'è l'incaricato con tanto di cartello con il nome e la città ci appare subito nella sua modernità, disegnata con strade ampie che la tagliano in rettangoli che chiamano "quadre" (i nostri isolati) e costruzioni moderne, anche se ricercano un che di stile fine '800, primi '900.
Il centro vero e proprio è segnato da un obelisco ed è da lì che cominciamo ad esplorare alcuni quartieri.
Abbiamo praticamente tutta la giornata libera e camminiamo molto. Ci sono vaste aree pedonali dove non circolano neppure le biciclette e dove si svolge un commercio ricercato, con bellissime gallerie commerciali che sono dei veri paesini nella città, e poi la Casa Rosada e la piazza 25 Mayo.
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.Arriviamo fino a Puerto Madero, il vecchio porto commerciale sul Rio della Plata che è stato riportato a nuova vita, con i vecchi magazzini divenuti ristoranti e grattacieli che disegnano uno skyline di tutto rispetto. Ci fermiamo a mangiare in uno dei ristoranti che si affacciano sul canale, da Carletto e abbiamo la conferma che la vita costa quasi come in Italia, non certo come in Perù, dove con 5 euro si mangiava. Qui ce ne vogliono mediamente 18/20. Devo dire che però abbiamo sempre mangiato carne della migliore, il lomo, che sarebbe il nostro filetto e che meno di 400 grammi non te ne portano ed è sempre accompagnato dal contorno compreso nel prezzo.
In più, scopriamo che ogni ristorante, pub, o locale pubblico in genere, dispone di connessione wi-fi ad internet free, cioè ti danno la password e navighi come e quanto vuoi senza spendere un peso. Cosa inconcepibile in Italia; più viaggio, più mi rendo conto quanto siamo barbari in relazione ad internet, siamo indietro anni luce, qui cercano solo il profitto immediato.
Così almeno le telefonate, in parte, le risparmiamo, chiamiamo con Skype, basta connettere i telefonini e si chiama o si mandano e-mail e poi c'è facebook...
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Il giorno dopo, recuperata la stanchezza del viaggio, ma con il naso scottato dal sole, qui è piena estate, decidiamo di andare al quartiere La Boca, forse il più popolare di Buenos Aires, dove sorge la famosa Bombonera, lo stadio del Boca Junior e, soprattutto, dove c'è il Caminito, Il quartierino degli artisti di strada e de tango per antonomasia.
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Arrivati nelle stradine con le casine dipente di colori vivaci, veniamo subito, come non poteva essere diversamente, ci vedono subito, coinvolti dai ballerini di tango.










Tamara fa la sua bella figura, riscuotendo anche applausi dai curiosi che si erano fermati a guardare e a me, che ballo come un palo della luce, non rimane che farmi qualche foto da postare su facebook per suscitare qualche invidia...
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Continuiamo il nostro giro tra negozietti e case-museo dipinte di giallo, rosso e blu e dopo aver mangiato un lomo de bife asado con papas frite (sarà il nostro piatto abituale, alternando le patatine fritte con il purea) da Nonno Bachicha, ristorantino con spettacolo, arriviamo allo stadio che vide i primi passi di Maradona, Batistuda e altri campioni. Lo stadio merita la visita guidata che offrono, non tanto per l'architettura, ma per la sua storia. E' frutto di azionariato popolare, così come la squadra e il presidente viene eletto. Praticamente è proprietà di tutto il quartiere (50.000 abitanti) ed ha una particolarità che lo rende unico: una curva, invece dei posti a sedere, ha dei miniappartamenti che vengono affittati o aqcuistati da personaggi famosi. Maradona ne possiede uno ed è da lì che vede le partite.
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Ma alle 19:05 abbiamo l'aereo che ci porterà verso una delle mete per cui abbiamo intrapreso questo viaggio: le cascate di Iguazù.




Dopo un'ora e mezza arriviamo a Puerto Iguazù sempre accolti da personale con il cartello con il nome sopra e andiamo diretti in hotel, la mattina seguente avremo il pick up alle 7:30 per essere guidati alle cataratas lato argentino all'interno del parco nazionale.
Con un po' di ritardo, ma sarà una costante, ci vengono a prendere e ci spiegano che abbiamo tutto compreso, ingresso al parco e tutto il resto. Le guida, come tutte le altre, parla solo spagnolo ed inglese, ma riusciamo a comprendere abbastanza bene e poi qualche parola d'italiano la sanno tutti.




Appena entrati nel parco, ci accolgono delle strane bestiole grandi come gatti, che cercano cibo, ma la guida ci spiega che non dobbiamo darglielo, perchè perdono le loro abitudini e poi il cibo degli uomini le fa ammalare.
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Ci addentriamo nella foresta equatoriale amazzonica e sempre più distinto sentiamo il rombo dell'acqua che precipita nell'immensa forra che spacca la terra in due.
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Poi lo spettacolo si presenta; prima con cascatelle che sono il preludio, poi appare in tutta la sua grandezza.
Sono immense. Noi avevamo visto le cascate Vittoria, le più alte del mondo con un fronte che supera i 500 metri. Ma queste non si riesce ad abbracciarle con un solo colpo d'occhio, sono leggermente più basse, ma la portata d'acqua è immensa.
Le nuvole d'acqua polverizzata si alzano in enormi nuvole e gia ci bagnano da distante.
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L'intero percorso è molto lungo, addirittura se ne percorre un tratto con un trenino con tanto di stazioni in miniatura, dura diverse ore, ma ad ogni viewpoint offre uno spettacolo che ti mozza il fiato.
Alla fine arriviamo al punto più spettacolare: la Garganta del Diablo: una spaccatura a ferro di cavallo dove tutte le acque del rio Iguazù si riversano in un rumore assordante, sollevando nuvole d'acqua che ti bagnano come piovesse a dirotto. Mai nome fu più appropriato. Solo per questo spettacolo vale la pena venire fin quaggiù.
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E non è finita.
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Uno spettacolo nello spettacolo: improvvisamente appare un arcobaleno che va da una sponda all'altra, praticamente dall'Argentina al Brasile, si, perchè di là dal fiume c'è il lato brasiliano che visiteremo l'indomani.
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Ah! Dimenticavo che a metà del percorso, prima di arrivare alla garganta del Diablo, abbiamo fatto un'escursione a pagamento (15 euro) sui gommoni a motore che ti portano fin sotto l'acqua che cade. Spettacolare. E poi più bagnati di così! Anzi no. Perchè come avviene spesso in questa zona, ci prende un acquazzone tropicale che dura un'oretta ma di quelli con le goccie da mezzo chilo l'una... D'altronde non avendo Iguazù una stagione secca, l'avevamo messo nel conto.
In compenso, scopriamo un ristorante veramente fico, La Parrilla El Quincho del Tio Querido, dove mangiamo una parrilla (la nostra rostinciana), altro piatto nazionale Argentino, di varie carni alla brace che vengono portate su di un braciere per mantenere tutto caldo.
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La mattina seguente, 4 febbraio, con le solite formalità, passiamo la frontiera con il Brasile, con tanto di timbri sul passaporto.
Anche su questo lato le cascate sono inserite in un parco naturale dove la foresta pluviale regna incontrastata.
Bellissime farfalle coloratissime ci svolazzano intorno ed anche se il percorso per vedere le cascate è più breve, la bellezza dei salti d'acqua che da qui vediamo sul lato argentino, sono certamente di una bellezza più intensa in quanto l'ampiezza del fronte raggiunge i 2.700 metri.
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Anche qui arriviamo alla Garganta del Diablo, che vediamo da un'altra prospettiva, meno spettacolare che dalla parte argentina, ma non certo meno imponente ed anche qui il bagno dovuto alle nubi di acqua polverizzata è assicurato.
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Ci dispiace solo di non aver visto i tucani, di cui ci avevano detto essere presenti in alto numero, ma probabilmente per vederli avremmo dovuto inoltrarci nella foresta, allontanandoci dai sentieri più frequentati.
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Essendo più breve, l'escursione finisce nel primo pomeriggio ed abbiamo il tempo di riposarci nella piscina dell'albergo. Qui è piena estate, come già detto e la temperatura è attorno ai 30 gradi. Il giardino tropicale attorno alla piscina è magnifico e per la prima volta vedo i fiori del banano che sono originali e bellissimi, sembrano uccellini colorati.




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Il giorno dopo abbiamo il secondo volo interno che ci porta a Mendoza, dove staremo il tempo per 2 escursioni programmate e comprese nei servizi forniti dall'agenzia.


Arriviamo a Mendoza, che è una città di 1.500.000 abitanti, con un clima secco predesertico, ma che essendo ai piedi delle Ande, ha abbastanza acqua da far si che la sua regione è il maggior produttore di vino dell'Argentina, dopo 2 ore di volo nel primo pomeriggio. Per non sprecare tempo, chiediamo alle gentilissima receptionista se ci può procurare un'escursione dove si possa andare a cavallo e, detto fatto, alle 16:20, gli addetti della Kahuak, l'agenzia che organizza la cavalcata, ci vengono a prendere, senza darci neppure il tempo di aprire le valigie.
La location per la passeggiata a cavallo è magnifica. A metà fra la pampa e l'inizio delle montagne preandiniche. Anche l'ora è la migliore, siamo infatti vicini al tramonto e la luce è magnifica.
I gauchos, dopo averci squadrato per capire la nostra esperienza, ci assegnano i cavalli, che si dimostrano docili e abituati a cambiare cavaliere, ma anche pronti ad andare al trotto.
E' una delle più belle esperienze mai fatte. Percorriamo sentieri tra vegetazione bassa autoctona con saliscendi e tratti in pianura che ci consentono di spingerci al trotto.
E non è finita, con sorpresa, vista la velocità con cui avevamo prenotato non eravamo stati informati, quando torniamo al campo, troviamo che stanno cucinando il famoso asado, tutto di carne di bife (manzo), su di un barbecue di pietra, perchè nell'escursione è compresa la cena. Abbiamo il tempo di fare amicizia con le altre persone che hanno condiviso la cavalcata con noi.
Soprattutto con due famiglie argentine molto numerose che formano un bel , gente veramente simpatica con cui rimarremo in contatto su facebook.
Ritorniamo in albergo che è quasi mezzanotte e andiamo a letto perchè la mattina dopo abbiamo il pick up presto, è in programma un'escursione di quasi 400 km. tra andata e ritorno. Visiteremo il canyon dell' Atuel passando per San Rafael. Percorrendo tanta strada con il pulma, abbiamo l'occasione di vedere i vigneti intorno a Mendoza che si estendono a perdita d'occhio e poi la pampa argentina, con la tipica vegetazione bassa, che si estende all'infinito. Percorriamo anche un tratto della Ruta 40, la mitica strada che taglia l'Argentina da nor a sud per oltre 6.000 km. e un po' ci pentiamo di non aver fatto parte del viaggio on the road.
Prima di entrare nel canyon, ci propongono di fare un rafting sul fiume Atuel. Le rapide sono veramente facili, non superano il livello 2 e solo Mau decide di salire sul gommone.
Tornato e mangiato un boccone, il pulman si addentra nel canyon e lo percorre tutto su una strada sterrata che lo attraversa per la lunghezza. Gli scenari sono molto suggestivi, solo che ci fa un caldo soffocante che neppure l'aria condizionata riesce a mitigare.
Anche questo giorno torniamo molto tardi, passata la mezzanotte e la mattina dopo ci aspetta un altra escursione impegnativa.
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Arriveremo fino ad oltre 4.000 metri, percorrendo la Ruta 7 che taglia in due l'Argentina, da Buenos Aires al confine con il Cile e che, passata Mendoza, costeggia il parco provinciale dell'Aconcagua, la montagna più alta del Sudamerica con i suoi quasi 7.000 m.
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Qui gli scenari sono di alta montagna, in lontananza le cime sono innevate e si vedono ghiacciai eterni. Abbiamo il tempo di fare anche un'escursione con i quod, che qui chiamano quadricicli.


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Riprendiamo il pulman e da un belvedere riusciamo ad intravedere l'Aconcagua, con le sue nevi perenni.
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Ad un certo punto, il pulman lascia la strada statale e inizia ad inerpicarsi su di una strada sterrata, un ripio in spagnolo, con tornanti da mozzare il fiato e dirupi impressionanti su di un lato, che mettono un po' di ansia, visto anche che non ci sono guardrail. Man mano che saliamo la veduta si fa sempre più impressionante, anche perchè saliamo di un migliaio di metri e c'è un vento fortissimo.




Arriviamo finalmente al punto dove sorge la statua del Cristo Redentor, ad oltre 4.000 metri, fa freddo e il vento taglia la faccia. meno male che abbiamo portato le giacche a vento.
Siamo esattamente sul confine tra Argentina e Cile e le due bandiere che sventolano una a fianco a l'altra ce lo ricordano.
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Proseguiamo il giro e l'ultima fermata è al Puente del Inca, una formazione calcarea e di ossido di ferro che forma un ponte naturale su di un fiume le cui acque erano usate come terme fin dai tempi dell'impero Incas e viene considerata una meraviglia della natura.
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Torniamo in albergo ad un'ora decente, in modo da sistemare i bagagli e riposare, perchè il giorno seguente abbiamo una levataccia. Abbiamo il volo alle 6:00 di mattina e non essendoci un diretto per El Calafate, faremo scalo a Buenos Aires Aereoparque, con conseguente cambio di velivolo.
Arriviamo fiduciosi (fin'ora è andato tutto bene) la canonica ora e mezza prima in aereoporto. Amara sorpresa. Sugli schermi il volo AR2401 riporta a fianco la scritta deleted, cancellato. Già c'è un gruppetto che discute animatamente con gli addetti. Chiediamo spiegazioni anche noi, un po' in spagnolo, un po' in inglese e parecchio in italiano, riusciamo a capire che il volo è veramente cancellato e che cercheranno di sistemarci in qualche modo. L'incazzatura è tremenda e ancora di più rimpiangiamo l'automobile.
Per farla breve ci sistemano su di un volo della LAN, compagnia peruviana, per Buenos Aires con partenza alle 10:00 di mattina e da lì su un volo Aerolineas Argentinas per El Calafate che alla fine ci porterà a destinazione con solo due ore di ritardo. Avvertita l'agenzia di trasferimento che ci doveva accogliere all'aereoporto del ritardo, il danno alla fine è risultato solo la snervante attesa e l'intera giornata passata tra voli e aereoporti. Ma come si dice, "l'avventura inizia quando sorgono gli inconvenienti!"
L'albergo di El Calafate è una costruzione tipica di montagna, tutto in legno e con un magnifico giardino con aiuole di lavanda e ginestre. Chiediamo un buon ristorante (abbiamo fatto colazione e pranzo con panini in aereopoto) e l'indicazione che vien data risulta ottima.
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Il Don Pichon è un buon locale sempre affollato, dove conviene fare una "reserva" prenotazione) per non dover aspettare.
La specialità l'asado di cordero (agnello alla brace) che viene cotto in bella vista dietro a dei cristalli, in un modo molto scenografico. A noi l'agnello non piace, per cui ripieghiamo sul sempre ottimo lomo di bife e, poiché ci torneremo diverse volte, anche sul galeto de lomo, uno "spiedone" che sembra una spada con ottimi pezzi di manzo che vengono sfilati e posti sul classico braciere da tavolo.
Oltretutto c'è una splendida vetrata da cui si possono ammirare gli immensi spazi della Patagonia.
Si perchè ormai siamo arrivati in Patagonia, spazi immensi, vette innevate, guglie di roccia e l'altra meraviglia dopo le cascate di Iguazù: il ghiacciaio Perito Moreno.
La mattina seguente, 9 febbraio, abbiamo l'escursione sul ghiacciaio più famoso del mondo, seconda riserva idrica di acqua dolce dopo la Groenlandia, tanto per dare un'idea della grandezza.
La Patagonia, per quel che ne abbiamo visto, ed è ben poco, offre scorci che sembrano cartoline ad ogni angolo. Foreste con i classici alberi seccati dal freddo, laghetti e laghi navigabili e quando c'è il sole (siamo stati fortunati, quasi sempre), cieli di un azzurro intenso.
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A proposito di freddo e comunque di clima. Premesso che febbraio qua corrisponde al nostro agosto, le temperature sono molto dissimili tra nord e sud. A Buenos Aires abbiamo trovato 27/28 gradi e ci siamo ustionati il naso e la fronte, ad Iguazù c'erano più di 30 gradi e molta umidità, anche a Mendoza faceva molto caldo e ci siamo abbronzati il viso. In Patagonia il tempo è stato bello, a parte una bufera di vento e pioggia il terzo giorno a El Chalten che però era il giorno che dovevamo tornare a El Calafate. Le temperature erano basse, sui 10 gradi la massima, ma al sole si stava bene e ci si doveva togliere la giacca per non sudare. Ad Ushuaia il clima è pazzo, tant'è che gli abitanti dicono che hanno le 4 stagioni tutti i giorni. Senza il sole fa veramente freddo, ma come esce, si può sudare, è un continuo vestirsi e spogliarsi, per noi. Loro giravano a mezze maniche anche quando tirava vento ed era nuvolo. Però dice che tra inverno ed estate non c'è molta differenza e che l'oscillazione è tra -2 e +7
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Tornando al viaggio: già dal finestrino del pulman che ci porta al Parque Nacional Los Glaciares, intravediamo il Perito Moreno in tutta la sua grandezza.
Il fronte del ghiaccio si staglia nelle acque bianche e gelide, ma calme del Lago Argentino per un'altezza di 60 metri. Bianco di un candore accecante, con le guglie che ne frastagliano il bordo superiore, ed è un'emozine che ti prende.
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Erano anni che sognavo di essere qui. Meta di sogni. Quanti viaggiatori lo sognano. E noi ora c'eravamo. Una delle meraviglie della natura.
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E non solo, ma ci avremmo camminato sopra.
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Infatti dopo una breve navigazione che ci porta sul fronte sud, messi i ramponi, iniziamo un trekking sul ghiaccio. C'è da spiegare che i ghiacciai non sono pari, ma nel loro muoversi verso valle, formano rilievi e avvallamenti, per cui camminarci sopra è impegnativo e richiede un certo sforzo.
La giornata è bellissima, il freddo non si sente, il sole riscalda e penetrando nel ghiaccio lo colora di tonalità di azzurro che rendono tutto magico.
E' tutto irreale, solo bianco e l'azzurro del cielo e dei riflessi, un mondo a parte.
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Guglie e picchi e avvallamenti dove il ghiaccio si scioglie, formando pozze d'acqua trasparente e purissima, con le pareti azzurre e di cui non si sa la profontità. Continuamo a camminare per un paio d'ore sempre più affascinati e poi, improvvisamente, i ragazzi che ci fanno da guida, ci conducono in un avvallamento dove hanno messo delle casse che fungono da tavoli e ci offrono pasticcini e whisky con il ghiaccio preso in loco.




Ripreso il catamarano a motore scendiamo dalla parte del fronte del ghiacciaio e percorriamo un tratto di passerelle che ne permettono la vista.
E' veramente imponente. Restiamo quasi un'ora aspettando che si stacchi un blocco, sarebbe una foto imperdibile, fermare il momento in cui crolla un blocco e si alzano alti gli spruzzi. Ma non siamo fortunati, quando eravamo sul fronte sud sentivamo i rumori come tuoni del ghiaccio che si spezza sul lato nord ed ora li sentiamo dall'altra parte.
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Ma non disperiamo, l'indomani abbiamo la navigazione sul lago fino ai ghiacciai Spegazzini e Upsala e poi davanti al fronte nord del Perito Moreno. Magari qualcosa accade.
Ci imbarchiamo al porto di Punta Bandera su di un bel catamarano a motore e iniziamo la navigazione. Ci spiegano che le acque del lago sono bianche per la temperatura e per la presenza di un batterio che ci sopravvive. Poi non ascoltiamo più le guide perchè imponenti iceberg ci vengono incontro ed ognuno è uno spettacolo, con le loro forme ed i loro colori.
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Mi immagino cosa provano quelli che arrivano fino in Antartide e vedono quelli che si staccano dalla banchisa, grandi come vere isole. Già siamo affascinati da questi.
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Purtroppo non possiamo arrivare fino al ghiacciaio Upsala, in quanto il canale di accesso è chiuso da migliaia di iceberg e lo possiamo vedere soolo da molto lontano.
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Ma gli scenari che si aprono ai nostri occhi sono incredibili. La Patagonia è questa. Non riesci ad abbracciare tutto con uno sguardo.
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Poi la nave si pone davanti al fronte nord del Perito Moreno e possiamo ammirare la parete di ghiaccio dal basso, non solo, anche piccolo, riusciamo a vedere un blocco di ghiaccio che si stacca e precipita nell'acqua con un rumore secco.
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Ma già pensiamo al giorno dopo e a cosa andremo a cercare di vedere, perchè ci vuole molta fortuna, nel senso che sono pochi i giorni all'anno che consentono di vedere le vette che previste dalle escursioni.
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E così l' 11 febbraio ci spostiamo verso El Chalten. Sono un paio di cento di km. e per arrivarci non prendiamo certo l'aereo, ma un comodo pulman che fra l'altro ci consentirà di vedere magnifici paesaggi. Solo state molto attenti al numero della vettura che loro chiamano coche, perchè ci sono diversi pulman che partono alla stessa ora e non mettono i cartelli con il numero, ma bisogna chiedere.
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Spieghiamo cosa vorremmo vedere e il perchè ci vuole fortuna. La meta sono il Fitz Roy e il Cerro Torre, due gruppi con mitiche vette, inferno e paradiso di alpinisti provetti e che per quasi tutto l'anno sono avvolti in nubi che ne impediscono la vista delle cime. Diciamo che i giorni buoni, non sono più di una dozzina l'anno, anche d'estate.
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Beh, abbiamo avuto veramente culo, di tre giorni a disposizione, uno e mezzo sono stati eccezionali.
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Arriviamo al parco nazionale e già riusciamo a vedere il Fitz Roy.
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Briefing con i guardiaparco che spiegano come comportarci e l'acqua è ovunque potabile e poi via subito verso la Laguna Capri.
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Il sentiero è abbastanza impegnativo e sale parecchio soprattutto nella prima parte, poi diventa più facile e alla fine la fatica è ricompensata.
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La giornata è veramente bella, peccato che ci sia un po' di vento che increspa l'acqua e non consente alle cime di riflettersi nel laghetto. Ma non si può avere tutto. Il massiccio è lì in tutta la sua imponenza, simbolo della Patagonia, assieme al Cerro Torre e, naturalmente, il Perito Moreno.
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Soddisfatti e con ancora negli occhi lo spettacolo del Fitz Roy, la sera mangiamo da Como Vaca, ristorantino alla buona (El Chalten è un classico paesino di bivacco per alpinisti ed escursionisti), l'unico che non ha la connessione wi fi, ma che ha dell'ottima carne, spessa 6 centimetri ma morbida come il burro e un purea di patate ottima ed in quantità industriale. E con sorpresa, perchè ad un certo punto arrivano due ragazzi che si mettono a cantare e suonare regalandoci uno spettacolino di musica tango e jacaranda per pochi pesos.
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Il giorno seguente facciamo l'escursione verso la Laguna Torre. Obiettivo vedere e fotografare il Cerro Torre, montagna dispettosa, perennemente avvolta in una nuvola che ne nasconde la famosa guglia e molto difficile da scalare, con decine di alpinisti che ci hanno lasciato la pelle. A noi basta vederla, il più da vicino che sia possibile.
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E, come detto, siamo veramente fortunati.
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Già all'uscita dall'albergo poco dopo che era sorto il sole, il Fitz Roy si fa vedere nel suo colore più bello, dal rosa all'ocra, senza una velatura di nubi.
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Poi, dopo un paio di km. da un belvedere non segnato sulla carta e che scopriamo per caso arrampicandoci su una collinetta, ci si presenta uno spettacolo che mai avremmo sperato:
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entrambi i gruppi, Fitz Roy e Cerro Torre lì davanti, neppure nelle cartoline li abbiamo mai visti così, in piena luce, senza nubi e a far da corona agli spazi patagonici.
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Spronati da quanto visto finora andiamo avanti in un trekking impegnativo non tanto per il dislivello, quanto per la lunghezza che tra andata e ritorno ci prenderà più di 7 ore.
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E' comunque un trekking molto bello, tra foreste di lenga, un tipico albero patagonico, con corteccia di pino e foglioline piccole e grasse per evitare la traspirazione e proteggersi dal gelo, ricoperti di muschi filamentosi che sembrano piccole barbe, sembra di essere nei boschi del film il Signore degli Anelli e poi steppe di bassi cespugli, ruscelli e il fiume Chalten che scorre impetuoso, la guglia del Cerro Torre si avvicina e cambia colore con l'alzarsi del sole.
Scenograficamente è senza dubbio più bella del Fitz Roy, si erge singola come a sfidare il cielo, come a dire "provateci, ma attenti che sono indomabile".
Con quel suo cappuccio di ghiaccio perenne che, leggiamo nelle guide, è alto più di cento metri. Il sogno di ogni alpinista da roccia.
Con noi è stato benevolo, anche perchè non avevamo grandi pretese, ci bastava vederlo così.
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Ma una montagna come quella, non si concede per molto ed infatti, appena giunti al laghetto formatosi nella morena del ghiacciaio che scende giù dal massiccio, il tempo cambia. Le nubi che avevamo cominciato a vedere da lontano si concentrano sulla guglia e improvvisamente si alza un vento fortissimo sui 60/70 km. l'ora che quasi ci impedisce di avanzare.
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Oltretutto minaccia di piovere e fa freddo e anche se siamo attrezzati con le giacche a vento, non ci va di bagnarci sapendo che abbiamo 4 ore di scarpinata per tornare indietro.
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Cerchiamo un posto riparato dal vento per mangiare, ci facciamo il panino con jamon e queso e avendo lasciato il sentiero principale, ci tocca anche l'avventura di ritrovarci ai bordi di una palude con l'erba che sembra solida, ma che, appena ci metti un piede sopra, si ricopre d'acqua fino sopra la suola degli scarponi. Comunque ne veniamo fuori e ricominciamo il percorso a ritroso. Fortunatamente allontanandoci dal massiccio, il tempo migliora, anche se quando arriviamo in albergo è ormai tutto nuvolo.
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Il giorno dopo il tempo è pessimo, tira un vento fortissimo e freddo e minaccia pioggia che si concretizzerà nel pomeriggio. Non ce la sentiamo di affrontare escursioni e ci dedichiamo all'acquisto di souvenir nei negozietti.
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Alle 18:00 riprendiamo il bus che ci riporterà a El Calafate e a metà strada, sulla mitica Ruta 40, ci fermiamo in un posto dove si dice che l'esploratore Francisco Perito Moreno fu attaccato da un puma salvandosi, tant'è che la locanda che vi sorge si chiama La Leona ed è una tappa obbligata per chi attraversa la Patagonia.
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Tornati a El Chalten ci dedichiamo alla scoperta di bancarelle e negozi facendo felice Tami e ricostruendo i bagagli, che avevamo smembrato per viaggiare più leggeri verso El Chalten, visto che saremmo tornati nel solito albergo a El Calafate, perchè alle 18:20 del 14 febbraio abbiamo il volo per Ushuaia.
Lasciamo quindi la Patagonia e prossima tappa la Terra del Fuoco.
C'è da indicare che all'aereoporto si paga una piccola tassa aereoportuale di uscita, 38 pesos, circa 7 euro e mezzo.
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Ushuaia è considerata la città più australe del mondo, ultimo avamposto con tutte le comodità del sistema occidentale. Il cartello che appena arrivati ci accoglie è esplicito: "Ushuaia Fin del Mundo"
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Del clima ne abbiamo già parlato, invece devo dire che la location è molto bella, su di una baia del Canale di Beagle, con una corona di cime innevate che la circonda, ai margini di un parco nazionale veramente particolare.
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Purtroppo proprio in quei giorni sia io che Mau abbiamo una leggera influenza con febbre che non ci impedisce di fare le escursioni programmate, ma che ci impedisce di farne una che avevo previsto nella giornata libera, su fuoristrada 4x4 nel pieno del Parco Nazionale Terra del Fuoco, con tanto di asado per pranzo.
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Comunque affrontiamo la navigazione sul Canale di Beagle, che si dimostra molto tranquillo, pensare che avevamo portato anche le pasticche per il mal di mare, arrivando fino al faro che penso sia uno dei più fotografati al mondo, con vista dei soliti leoni marini e colonie di cormorani.
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L'altra escursione, all'interno del parco, l'abbiamo fatta con un trenino a vapore che parte da una stazioncina molto tipica e, dice, ricorda il treno che trasportava i prigionieri quando ad Ushuaia c'era solo una colonia penale.
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Il breve viaggio è molto caratteristico e attraversa un paesaggio da favola, con foreste e steppe, i soliti alberi spezzati dal gelo, ruscelli che formano cascatelle e cavalli che galoppano in libertà; il tutto godibile tranquillamente dal treno che ha grandi finestre e il tetto trasparente.
Giunti alla stazione capolinea, ci aspetta un breve trekking all'nterno del parco, fino al punto veramente più a sud che abbiamo toccato. La guida ci spiega come il parco stesso soffra di due problemi che a prima vista sembrano banali: castori e conigli. Entrambi furono importati dagli europei, i primi per la pelliccia. Pensavano che fosse l'habitat naturale perchè prolificassero per poi poterli cacciare. Ma cambiando l'alimentazione rispetto al Canada, la pelliccia diventò non più utilizzabile e così furono abbandonati. Solo che non essendoci predatori, sono aumentati talmente che abbattono troppi alberi, creano troppe dighe e quindi rappresentano un vero pericolo per il delicato ecoequilibrio. Stesso discorso per i conigli, anche qui, come in Australia, sono un vero flagello, divorano tutto, sono inarrestabili, scavano tane chilometriche e minacciano tutto il territorio.
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Comunque noi, raggiunta Bahia Ensenada e Bahia Lapataia ci godiamo la bellissima foresta australe di lenga che termina sul mare con la steppa aprendosi a spazi infiniti.
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Tornati ad Ushuaia decidiamo di andare a mangiare una delle specialità più rinomate del posto. Una bella centolla.
La centolla è un enorme granchio che viene pescato nelle acque antartiche. Entriamo nel ristorante La Cantina Fueguina e ne scegliamo una viva nell'acquario che hanno e le contiene del peso di quasi 3 kg.
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Per mangiarla ci mettono grandi bavagli e ci forniscono di forbici. Qui abbiamo speso veramente una bella cifra, ma è come se da noi avessimo preso delle aragoste vive e delle aragoste ha praticamente lo stesso sapore.
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Ormai siamo quasi al termine del viaggio. Il 18 febbraio torniamo a Buenos Aires dove staremo altri 3 giorni. Anche qui paghiamo una piccola tassa aereoportuale di una ventina di pesos, ma questa volta il volo è perfetto anche, a conti fatti, tra ore di volo, attese, check in, ecc. abbiamo perso quasi 4 giorni e questo ci fa veramente rimpiangere di non aver fatto, magari in parte, il viaggio in auto.
A Buenos Aires abbiamo l'occasione di fare una minicrociera, compresa tra le varie escursioni, sul Rio della Plata e di visitare la città di Tigre. Inoltre avendo un giorno libero, torniamo al Caminito e visitiamo il quartiere della Ricoleta, uno dei più eleganti di tutta la metropoli e con un luogo da visitare molto particola: il cimitero. Naturalmente è un cimitero monumentale, dove è sepolta Evita Peron, la cui tomba è meta di un incredibile pellegrinaggio da parte di argentini e turisti. Non manca la consueta visita all'Hard Rock Cafe dove mangiamo un hamburger superlativo.
Ci rimane un cruccio, per colpa dell'influenza che continua a disturbarci, non facciamo un'escursione che invece ci sentiamo di consigliare: nei dintorni di Buenos Aires, in piena pampas, ci sono delle "fieste gauchas", con possibilità di passeggiate a cavallo, danze tipiche e esibizioni a cavallo di gauchos, oltre a cena a base di asado.
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L'ultima sera, compresa nel prezzo dei servizi a terra, abbiamo una cena con spettacolo di tango in uno dei locali più esclusivi di Puerto Madero: il Madero Tango.
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Lo spettacolo offre una versione del tango più moderna e dinamica, forse gli intenditori potrebbero storcere la bocca, ma per noi è avvincente ed anche la cena è ottima, non certo come da Don Pichon, ma è normale, essendo un teatro e non un ristorante specializzato in asado.
Ormai siamo veramente alla fine, il giorno dopo abbiamo il volo internazionale che ci riporterà in Italia.
Ma, influenza e imprevisti a parte, abbiamo avuto da questo viaggio quello che ci aspettavamo.
Le cascate dell'Iguazù, le pampas, Il perito Moreno, il Fitz Roi e il Cerro Torre e la Patagonia in generale, la Terra del Fuoco ed Ushuaia, ormai saranno immagini indelebili. Per non parlare di Buenos Aires, della sua modernità di metropoli molto europea e degli argentini che non appena venivano a sapere che eravamo italiani, quasi tutti, ci dicevano che avevano un avo, un parente, o comunque una discendenza italiana.
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FINE



Per saperne di più:
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Durata viaggio: 22 giorni effettivi, 19 notti.
Spese per persona:
volo intercontinentale: € 834,00 tasse comprese / voli domestici (5 tratte): € 800,00 tasse comprese.
servizi a terra (hotel con prima c., transfer, trasferimenti in pulman, escursioni programmate, ingresso ai parchi): € 1329,00
assicurazione (spese mediche, bagaglio, annullamento viaggio, rimpatrio, spese legali): € 57
parcheggio a Roma: € 115
più escursioni non previste, mangiare, varie: € 680 (non ci siamo fatti mancare niente)
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Valuta: pesos argentino; cambio 5,35 circa (1 euro = 5,35 pesos)
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Link utili:
Aereolineas Argentinas: http://www.aerolineas.com.ar/ (da qui si accede a Visite Argentina e Austral Lineas Aereas)
eDreams: http://www.edeams.it/
Argentinian Explorer (agenzia di viaggi che ci ha fornito servizi a terra e voli interni): http://www.argentinianexplorer.com/. (poi sezione in italiano)
Insurancebookers (compagnia di assicurazione per viaggi in Inghilterra che opera on line nel mondo): http://www.insurancebookers.it/ (anche con call center in italiano)
ParkinGo: http://www.parkingo.com/
Buenos Aires: http://www.buenosaires.gov.ar/ sito ufficiale. - www.it.wikipedia.org/wiki/Buenos_Aires
Puerto madero: http://www.puertomadero.com/ sito ufficiale
Iguazù Argentina: http://www.iguazuargentina.com/ sito ufficiale
Iguacu Brasil: http://www.cataratasdoiguacu.com.br/ sito ufficiale
Mendoza: http://www.turismo.mendoza.gov.ar/ sito ufficiale
Ruta 40: http://www.ruta40.gov.ar/ sito ufficiale
Parque Nacional Los Glaciares: http://www.losglaciares.com/
El Chalten: http://www.elchalten.com/
Trekking Fitz Roy e Cerro Torre: www.fuggire.it/patagonia/trekking-fitz-roy.htm
Ushuaia: http://www.ushuaia.com.ar/ sito ufficiale
Parque Nacional Terra del Fuego: http://www.tierradelfuego.org.ar/
Kahuak turismo en Mendoza (cavalcata): http://www.kahuak.com.ar/
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Ristoranti, utilità:
I taxi, specie a Buenos Aires, sono numerosi, facili da trovare (hanno il display libero/occupato) e non sono cari
Chaltentravel (bus di linea El Calafate - El Chalten): http://www.chaltentravel.com/
da Carletto (Puerto Madero): www.buenacarta.com/restaurantes/buenos-aires/puerto-madero/carletto
Nonno Bachicha (Caminito): http://www.nonnobachicha.com.ar/
El Quincho del Tio Querida (Iguazù): http://www.eltioquerido.com/
Don Pichon (El calafate): http://www.donpichon.com/
Como Vaca (El Chalten): www.elchalten.com/esp/comercial/restaurantes
Cantina Fueguina (Ushuaia): http://www.lacantinafueguina.com.ar/
Madero Tango (Puerto Madero) http://www.maderotango.com/
Galerias Pacifico (bellissimo centro commerciale in pieno downtown a Buenos Aires): http://www.galeriaspacifico.com.ar/
La Cinacina (fiesta gaugha): http://www.lacinacina.com.ar/
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Nessuna vaccinazione è richiesta, ma ad Iguazù usate repellenti per le zanzare, non c'è malaria, ma sono stati registrati da anni casi di dengue.
I pensionati che si recano in Argentina anche per turismo, possono usufruire dell'assistenza sanitaria tra Paesi convenzionati bilaterarmente. Informatevi presso le AUSL territoriali. Per avere un'idea al seguente link: www.ass1.sanita.fvg.it/servlet/page?_pageid=71&_dad=pass1&_schema=PASS1&act=2&id=1141
RICORDATEVI, ANCHE SE SIETE IN UNA NAZIONE DI LIVELLO EUROPEO, DI REGISTRARVI SU "DOVE SIAMO NEL MONDO" http://www.dovesiamonelmondo.it/





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