Friday, July 04, 2008
PERU' & BOLIVIA: tra deserti e terre sospese nel cielo
Perù e Bolivia: dalle "Linee di Nazca" e il deserto di Ica, al deserto di sale del "Salar di Uyuni" e la magia di Machu Picchu, da 40° a - 12°.
3.000 Km. tra leoni marini e condor,
tra acqua e cielo...
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"A Maria, che tanto ha desiderato questo viaggio."
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"A Maria, che tanto ha desiderato questo viaggio."
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Un ringraziamento speciale al senor Victor Sanchez
che ci ha fatto da guida per 21 giorni, competente,
affidabile e prezioso che ci ha accompagnato con
estrema professionalità e tantissima simpatia.
che ci ha fatto da guida per 21 giorni, competente,
affidabile e prezioso che ci ha accompagnato con
estrema professionalità e tantissima simpatia.
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Premessa: questa volta dividerò il racconto in due parti, una dedicata ai luoghi, alla gente, alle emozioni. Insomma al viaggio vero e proprio. L'altra all'organizzazione e alla logistica, perchè per la prima volta abbiamo fatto tutto on-line, anche se con il tramite di un tour operator che lavora solo su web, realizzando un notevolissimo risparmio.
* * *
Il viaggio...: lungo, lunghissimo, soprattutto nel tempo. A Madrid dobbiamo aspettare 5 ore per il volo LAN Perù, compagnia partner di Iberia. In compenso l'aereo è nuovo, comodo, con i video incastonati nel retro dei sedili e la possibilità di scegliere film e play list musicali. Pasti a bordo mangiabili e tantissimo personale gentile e disponibile. Comunque 12 ore da Madrid a Lima. Aereoporto semplice, ma efficente, ritiro bagagli e formalità doganali in pochi minuti. All'uscita ci aspettano con tanto di cartello con il nome stampato su, visto che avevamo prenotato il tranfer verso l'albergo. Notti tranquille, il Mariel è un ottimo tre stelle con tanto di portiere in uniforme che ti apre la porta e ti saluta ogni volta e colazione inclusa. Abbiamo prenotato un giorno in più per rientrare in una tariffa aerea più conveniente. L'indomani, a meggiogiorno preciso (sarà sempre puntualissimo, a parte una volta) si presenta il senior Victor Sanchez che sarà la nostra guida per 21 giorni. Parla un buonissimo italiano e ciò ci conforta. Visita veloce di Lima. Il nostro albergo è vicino al parco Kennedy, una grande piazza alberata dove la sera i locali ballano e che è circondata da negozi e ristoranti. Da segnalare il Cafe Cafe dove si mangia una buona pizza per 25/30 soles (6/7 euro). Altra cosa: cambiamo gli euro con la moneta locale in modo alquanto insolito. Infatti tutto attorno alla piazza e nelle vie adiacenti ci sono delle persone con tanto di divisa che sono autorizzati al cambio, così, per strada. Si può anche contrattare qualche punto in più e offrono un tasso migliore che nelle banche. Strappiamo un 4.20 soles per un euro e 2.80 per il dollaro. Non vi spaventate, è tutto perfettamente legale e onesto, se fanno i furbi rischiano la licenza, basta accennare di chiamare la polizia turistica e ce ne è molta, mai vista tanta polizia così, sia in Perù che in Bolivia, comunque dove c'è tanto assembramento di folla è sempre bene fare attenzione e tenere zaini e borse davanti, ma questo vale ovunque, anche in Europa... Poi inizia il viaggio, e di vero viaggio si tratta. Utilizzeremo i mezzi locali, bus di linea e taxi, taxi collettivi e treni locali.
Contatto con la gente, immersione nelle abitudini peruviane e boliviane. Il 10 giugno prendiamo di buon mattino un ottimo autobus, con tantissimo spazio tra i sedili completamente reclinabili (sarà lo standard, bus molto comodi) e prima tappa la penisola del Paracas. Arriviamo ad un borgo di pescatori da cui partono le escursioni per le isole Ballestas e ci imbarchiamo su di una veloce lancia. Con noi 4 ci sono anche una dozzina di inglesi, ma la guida (non Victor, ogni escursione avrà una guida ad hoc) ogni volta che spiega qualcosa, poi ci si avvicina e ci riassume il tutto in un italiano misto spagnolo, molto gentilmente. Prima emozione: Mentre lasciamo la baia una famiglia di delfini ci saluta.
Seconda emozione: passiamo davanti al celeberrimo "Candelabro" e il motoscafo si ferma. Di fronte ad un mare turchese, con un cielo azzurrissimo sopra, uno degli enigmi peruviani, studiati da centinaia di archeologi, si lascia fotografare e filmare, aggiungendo mistero a quello già avevamo letto. Un faro? Un simbolo propiziatorio per chi giungeva dal mare? Pre colombiano? Di epoca coloniale? Domande che rimangono senza risposta certa.
La lancia riparte, tra spruzzi e una lunga scia bianca fino a raggiungere le Ballestas. Parco naturale, sono rifugio di centinaia di specie avicole, anche piccoli pinguini e di leoni marini. Si torna indietro, ultima occhiata al candelabro e riprendiamo terra.
Si prosegue per Ica e si arriva all'albergo, nell'oasi di Huacachina che ancora manca un'ora al tramonto. Piccola parentesi per comprendere il luogo. Tutta la fascia costiera del Perù, dal confine con l'Equador a nord, fino al confine con il Cile a sud, è un deserto. Solo il Sahara e il deserto saudita sono più grandi e attorno ad Ica questo deserto diventa un mare di sabbia con dune alte fino a 200 metri e più. Huacachina è una piccola oasi attorno a cui sono sorti alberghi e attività di sport estremi.
Così non scarichiamo neppure i bagagli, saliamo su un dune buggy e ci facciamo scorrazzare per autentiche montagne di sabbia. Poi su una più alta delle altre, ci lasciamo scivolare giù su delle apposite tavole tipo snow board, divertimento e sabbia ovunque per diversi giorni sono assicurati. L'hotel è carino, con tanto di piscina e cottage di fronte a questa. Un poco spartano, ma confortevole. La conduzione familiare e non c'è da preoccuparsi se si lascia sabbia ovunque.
La mattina successiva decido di scalare le dune, quella alta, di fronte all'oasi. Azzero l'altimetro e parto... Fatti neanche 50 metri, devo però cambiare tattica, avanzare dritti sulla verticale è una fatica pazzesca, così torno indietro e cerco di conquistare la cresta nel punto più basso. Alla fine sono in cima, ci è voluta un'ora buona e tanta fatica per quei 120 metri di sabbia, tanto marca l'altimetro. Il deserto è ancora tutto avvolto da una nebbia che pian piano si dirada lasciando il posto ad un paesaggio fantastico. Disegni fatti dal vento nella sabbia a perdita d'occhio, senza soluzione di continuità. Ormai il sole picchia forte e decido di scendere, dopo decine di foto e diversi minuti di filmato.
Così non scarichiamo neppure i bagagli, saliamo su un dune buggy e ci facciamo scorrazzare per autentiche montagne di sabbia. Poi su una più alta delle altre, ci lasciamo scivolare giù su delle apposite tavole tipo snow board, divertimento e sabbia ovunque per diversi giorni sono assicurati. L'hotel è carino, con tanto di piscina e cottage di fronte a questa. Un poco spartano, ma confortevole. La conduzione familiare e non c'è da preoccuparsi se si lascia sabbia ovunque.
La mattina successiva decido di scalare le dune, quella alta, di fronte all'oasi. Azzero l'altimetro e parto... Fatti neanche 50 metri, devo però cambiare tattica, avanzare dritti sulla verticale è una fatica pazzesca, così torno indietro e cerco di conquistare la cresta nel punto più basso. Alla fine sono in cima, ci è voluta un'ora buona e tanta fatica per quei 120 metri di sabbia, tanto marca l'altimetro. Il deserto è ancora tutto avvolto da una nebbia che pian piano si dirada lasciando il posto ad un paesaggio fantastico. Disegni fatti dal vento nella sabbia a perdita d'occhio, senza soluzione di continuità. Ormai il sole picchia forte e decido di scendere, dopo decine di foto e diversi minuti di filmato.
A mezzogiorno ci vengono a prendere due taxi e torniamo ad Ica da dove proseguiremo per Nazca. Prima di prendere il bus, Victor, come sempre, ci accompagna in un ristorantino locale dove mangiamo benissimo spendendo, come al solito, meno di 5 euro a testa. A Nazca l'hotel è carino, con un bel giardino e camere decenti. la sera fa freddino e si richiede una giacca a vento, è l'escursione termica del deserto e poi qui siamo alle porte dell'inverno. Da segnalare una braseria, il "Rico Pollo", dove fanno un pollo alla brasa veramente eccezionale. Locale frequentato esclusivamente da locali (sono quelli dove si mangia meglio e si spende meno), per 26/27 soles ti portano un quarto di pollo enorme alla brace sommerso di patatine fritte e una bibita. Il giorno dopo in taxi (molto convenienti, vedi capitolo seguente) arriviamo all'aereoporto turistico per fare il sorvolo delle celeberrime "Linee di Nazca". Troviamo che pagare in loco è molto più conveniente che prenotare dall'Italia. Ci costa 50 $ a testa, meno di 35 euro, contro preventivi anche di oltre 100 euro. Sorvolare e vedere dall'alto il più grande mistero del Perù è un'emozione che non si può raccontare. Le figure si vedono chiarissime, nitide, il pilota è eccellente e in italiano ci da le indicazioni, inclinando l'aereo e indicando con la punta dell'ala la figura sorvolata. la giornata è molto nitida e va tutto bene; solo nel tornare indietro io e Tami sentiamo un po' l'effetto con una leggerissima nausa. Ritirati i diplomi di volo e lasciata una mancia al pilota di 10$ (è un pilota, non un facchino) pensiamo già al nuovo spostamento. Nel pomerigio però andiamo alla torrette panoramica, è alta, ma non abbastanza per vedere chiaramente i disegni, ma avere la panamericana di fianco con i camion che passano e pensare che quella strada traversa tutto il continente americano da nord a sud, non è cosa da poco.
La tappa per Arequipa avverrà di notte con un bel pulman granturismo, con tantissimo spazio tra i sedili completamente reclinabili e hostes a bordo che ci offrirà coperte, bevande e la mattina anche la colazione. Arequipa per noi è solo una tappa di avvicinamento e di abitudine all'altitudine. Siamo infatti a 2330 metri. Comunque bisogna ingannare il tempo, così decidiamo di andare a visitare il convento di Santa Catalina. Grave errore. Oltre che costoso, è una cagata paurosa, qualsiasi pieve o certosa di qulsiasi paesino qui da noi è più bella. In compenso Arequipa è dominata da un vulcano maestoso, il Misti di 5825 metri, molto bello con la sua forma conica. Anche l'hotel è grazioso, gestito da due simpaticissime signore. Solo che la sera fa veramente freddo e non c'è il riscaldamento, solo due stufette termoventilatori che comunque sono sufficenti. A questo punto mi sento di aprire un inciso proprio sul tema riscaldamento:
allora, sia in Perù che in Bolivia, negli hotel, a meno che non siano quelli 5*s, ma non in tutti, ed anche negli appartamenti, eccetto che in quelli che si fanno costruire gli stranieri ricchi, non esiste il riscaldamento. Non esiste una rete del gas, tutti comprano bombole di gpl, anche se i due Paesi sono produttori di gas naturali. L'unica fonte di energia capillare è quella elettrica e dovevamo chiedere in anticipo, tramite la guida, che nelle camere ci fosse almeno una stufetta, o meglio un radiatore ad olio.
Tornando al viaggio, l'indomani affrontiamo una delle tappe che più aspettiamo. Escursione al Canion del Colca e con un po' di buena suerte la possibilità di veder volare il condor. Da Arequipa partiamo con un pulmino 9 posti solo per noi e guida locale per l'escursione, tutto compreso nel prezzo del viaggio, al Colca. La guida parla solo spagnolo, ma parla molto lentamente e scandisce bene ogni parola, così non abbiamo neppure bisogno della traduzione di Victor. Lungo una strada dritta all'infinito che traversa la pampa, saliamo fino al punto più alto di tutto il viaggio, il Mirador des los Andes a 4910 metri, l'altopiano peruviano, tra scenari più vicini al cielo che alla terra. Lama, alpaca e vigogne al pascolo, vulcani di 6000 metri sullo sfondo. L'altiitudine comincia a farsi sentire, ogni movimento ci costa fatica e bisogna ricordarsi di fare tutto lentamente, pena fiatone e cuore a 160 battiti. Rimediamo con un mate de coca che berremo più volte nei giorni seguenti.
La tappa per Arequipa avverrà di notte con un bel pulman granturismo, con tantissimo spazio tra i sedili completamente reclinabili e hostes a bordo che ci offrirà coperte, bevande e la mattina anche la colazione. Arequipa per noi è solo una tappa di avvicinamento e di abitudine all'altitudine. Siamo infatti a 2330 metri. Comunque bisogna ingannare il tempo, così decidiamo di andare a visitare il convento di Santa Catalina. Grave errore. Oltre che costoso, è una cagata paurosa, qualsiasi pieve o certosa di qulsiasi paesino qui da noi è più bella. In compenso Arequipa è dominata da un vulcano maestoso, il Misti di 5825 metri, molto bello con la sua forma conica. Anche l'hotel è grazioso, gestito da due simpaticissime signore. Solo che la sera fa veramente freddo e non c'è il riscaldamento, solo due stufette termoventilatori che comunque sono sufficenti. A questo punto mi sento di aprire un inciso proprio sul tema riscaldamento:
allora, sia in Perù che in Bolivia, negli hotel, a meno che non siano quelli 5*s, ma non in tutti, ed anche negli appartamenti, eccetto che in quelli che si fanno costruire gli stranieri ricchi, non esiste il riscaldamento. Non esiste una rete del gas, tutti comprano bombole di gpl, anche se i due Paesi sono produttori di gas naturali. L'unica fonte di energia capillare è quella elettrica e dovevamo chiedere in anticipo, tramite la guida, che nelle camere ci fosse almeno una stufetta, o meglio un radiatore ad olio.
Tornando al viaggio, l'indomani affrontiamo una delle tappe che più aspettiamo. Escursione al Canion del Colca e con un po' di buena suerte la possibilità di veder volare il condor. Da Arequipa partiamo con un pulmino 9 posti solo per noi e guida locale per l'escursione, tutto compreso nel prezzo del viaggio, al Colca. La guida parla solo spagnolo, ma parla molto lentamente e scandisce bene ogni parola, così non abbiamo neppure bisogno della traduzione di Victor. Lungo una strada dritta all'infinito che traversa la pampa, saliamo fino al punto più alto di tutto il viaggio, il Mirador des los Andes a 4910 metri, l'altopiano peruviano, tra scenari più vicini al cielo che alla terra. Lama, alpaca e vigogne al pascolo, vulcani di 6000 metri sullo sfondo. L'altiitudine comincia a farsi sentire, ogni movimento ci costa fatica e bisogna ricordarsi di fare tutto lentamente, pena fiatone e cuore a 160 battiti. Rimediamo con un mate de coca che berremo più volte nei giorni seguenti.
Io mastico anche una manciata ci foglie di coca, ma finisco con l'ingoiare tutto e così non ci riproverò più. Però fa effetto. Ti senti la guancia e la lingua come dopo l'anestesia dal dentista e la fatica si attenua.
Arriviamo a Chivay, porta del canion in un residence nuovissimo, molto carino, con villettine e prati con al pascolo i lama. Solo che anche qui niente riscaldamento e siamo a 3600 metri. Ci sistemiamo, otteniamo le stufette e da lontano, dove si vede un campanile bianco, sentiamo arrivare della musica di fiati e chitarre. Chieste alcune indicazioni ci incamminiamo verso un villaggio, Yanque, che sembra uscito da un film di Sergio Leone, mancano solo i pistoleri.
Lungo la strada polverosa, da una "casetta" di fango esce una signora con un bellissimo esemplare di falco, che con pochi soles ci fa fare le foto con il rapace sul braccio. Arriviamo alla piazzetta della chiesa, tutta bianca, in stile spagnolo, come si vedono in Messico, e ci mettiamo a parlare con due locali. La gente è molto affabile e appena sanno che siamo italiani lo diventano ancora di più, parlano lentamente e si capiscono benissimo. Ci indicano la provenienza della musica e abbiamo la sorpresa di trovare un'autentica festa popolare. Donne e uomini con i costumi locali, coloratissimi, che ballano e bevono e autentici suonatori di musica peruviana. Chiediamo il permesso e siamo i bene accetti, Tamara e Gino sono trascinati a ballare. Poi tocca anche a me. E' un'autentica immersione nella gente del luogo.
Il giorno seguente ci vengono a prendere con il pulmino. Arriviamo fino alla Cruz del Condor, a 4880 metri. Il Colca è il canyon più profondo del mondo, già spettacolare di suo, offre una meraviglia in più: migliaia di persone sono già in attesa di veder volare gli uccelli più grandi del mondo. I condor arrivano a tre metri di apertura alare e sono in pericolo di estinsione, inoltre volano solo con le correnti ascensionali a causa del loro peso, per questo è difficile vederli volare. Siamo veramente fortunati. Dopo neppure 10 minuti che siamo arrivati c'è un'agitazione generale e 5 o 6 condor si librano in aria, volano sopra e sotto di noi, vicinissimi, bellissimi da fotografare e riprendere.
Si torna a Chivay e prima facciamo un salto alle piscine termali per un bagno nelle acque calde, mentre fuori ci saranno si e no 6/7 gradi e poi andiamo a cena in un locale tipico, con tanto di spettacolo, spendendo meno di 6 euro. Mi sono anche comprato un bellissimo sombrero, come lo chiamano loro il cappello, per 16 soles, 4 euro e provo a mangiare il cuy, il porcellino d'india. Altro errore. E' tutto pelle, con la poca carne che cola, moscia, mangio solo il mezzo chilo di patate fritte. Penso che lo abbiano cucinato male, ma anche a Cusco, dove riproverò, sarà uguale.
Il giorno dopo ripercorriamo la pampa direzione Puno sul lago Titicaca sempre con il pulmino dell'escursione. Paesaggi magnifici, anche laghi con i fenicotteri e di nuovo camelidi andini al pascolo e vette altissime. Il lago ci si presenta blu e azzurro, più scuro del cielo dal quale si staglia.
Puno è adagiata sulla riva. L'albergo, dopo quello di Lima, è il migliore, addirittura il radiatore ad olio è in dotazione, anche se fissato al muro con una staffa. Sul lago faremo una delle escursioni che più aspettiamo: motoscafo e visita alle isole galleggianti degli Uros. Le isole di canne di totora ancorate, con le capanne sempre di totora, sono proprio come nelle foto e nei documentari. Fa una strana sensazione camminarci sopra.
Ma la sorpresa migliore è la simpatia degli abitanti. Infatti, come accadrà ancora, una ridanciana donna stereotipo degli Uros, cattura Tamara e Maria e portatele nella sua casa-capanna, le veste di tutto punto, con gonnelloni e tanto di tipica bombetta facendoci morire dal ridere. E poi la bellezza dei bambini con le guancie bruciate dal sole. Rimarrà uno dei più bei ricordi, questa visita.
La sera Victor ci porta a mangiare in un localino dove fanno anche uno spettacolo di musica e balli andini. Anche qui mangiamo discretamente con poca spesa, in quanto lo spettacolo non incide sulla cena, ma c'è solo da lasciare una piccola mancia di un paio di $, o se lo si desidera, comprare un cd dei musicisti.
Il giorno dopo varcheremo il confine con la Bolivia, passando prima da Copacabana, città enclave boliviana nel territorio peruviano e poi con un traghetto (per usare un eufemismo) sulla costa opposta del lago. Devo dire che la parte boliviana del lago è più bella, più azzurra, con acqua più trasparente. Formalità di frontiera quasi nulle, solo un timbro sul passaporto senza neanche guardarci in faccia, niente controllo bagagli che restano sul pulman. Cambiate pochi soldi alla frontiera, danno meno "boliviani", la moneta locale, che a La Paz per euro e dollari che vengono cambiati rispettivamente a 10 boliviani per l'euro e 7.20 per il $. Raggiungiamo La Paz. Non si può descrivere questa città. Va vista. All'inizio siamo rimasti sconcertati, poi abbiamo saputo apprezzarla, anche perchè ci siamo tornati due giorni quando non siamo potuti andare a Potosi. La Paz è in un gigantesco catino che la chiude su tre lati con pareti di 400/500 metri. Le case sono attaccate ai finchi delle montagne che sembra non vi siano neppure le strade, che invece ci sono e tutte in salita ripida. Se si considera che siamo a 3600 metri si comprende come camminare in questa città sia problematico per chi non è abituato. Meno male che la vita costa la metà che in Perù e i taxi con pochi boliviani, meno di un euro, si prendono. Proveniendo da El Alto, la città sopra La Paz e che orma è contigua, si inizia a scendere e quello che si vede è un enorme agglomerato (quasi 2 milioni di abitanti) abbarbicato alle pareti del catino, con case tutte da intonacare e non pitturate. Sembra un'enorme baraccopoli. Poi conosceremo i motivi del perchè non terminano le case esteriormente, anche quelle carine tipo villette, per non pagare le tasse, tutto il mondo è paese... Invece man mano che si scende; La Paz mostra un bel volto, case coloniali, stili francesi e grandi viali con negozi e ristoranti in. Nonchè l'attitudine ad essere un enormr mercato a cielo aperto. Tutti vendono qualcosa, ma non sono invadenti. Non sono mercati per tutristi, ma per locali, veri, insomma, dove si può comprare di tutto, da un bagno completo, dalla vasca al rivestimento e rubinetti, alla tradizionale foglia di coca confezionata in bustine di plastica sigillata. A La Paz abbiamo i primi problemi con gli alberghi. Il nostro non è un gran che, nonostante sia 3*. L'acqua della doccia non ci riesce di farla venire calda e le stufette la notte non ce la fanno a scaldare la stanza. A parte questo il personale è gentile e ci organizza un'escursione alla Valle della Luna e a due mirador per un prezzo irrisorio, molto più basso di quello che avrebbe preso l'agenzia, con un fuoristrada nuovissimo. E' Victor che si incarica di organizzarci tutto al meglio, cercando di farci risparmiare, un vero angelo custode. La Valle della Luna, appena fuori La Paz, è una formazione di guglie formate da creta modellata dall'acqua. Per noi che abbiamo visto Bryce Canyon non è più di tanto, ma un suo fascino lo mostra e vale la pena visitarla. Dai mirador lo scenario è notevole. L'Illimani, un vulcano di 6400 metri, sovrasta la città che vista dall'alto è ancora più affascinante. Un'altra cosa notevole è la chiesa di San Francesco, in pieno centro. La visitiamo accompagnati da una guida simpaticissima. Una ragazza carina che ride di gusto per ogni cosa e che si rifiuta di accettare mance. Che differenza da quella di Santa Catalina. Tra l'altro la metto in difficoltà, perchè durante la visita al campanile non resisto alla tentazione di suonare una campana, la più piccola. Credendo di fare piano, in realtà stacco un rintocco che la terrorizza. Penso di essere stato l'unico che ha fatto suonare una campana a La Paz senza essere autorizzato... La sera ceniamo in una churrasqueria, locale tipico dove fanno diversi tipi di carne alla brace su grandi griglie. Da provare, anche se il riso al latte che accompagna le bistecche per noi non è il massimo. La seconda sera dopo cena andiamo in una notevole cafeteria-gelateria con piano bar dal vivo e camerieri in divisa sul viale principale di La Paz, la Brosso, dove con 30 boliviani, 3 euro ti servono dei banana split o delle pina helada enormi, buonissime e con tanto di ombrellini. Abbiamo già cenato e ripieghiamo su cose meno abbondanti, ma ci rifaremo, senza saperlo al momento, in seguito. Il 17 giugno arriva la prima incazzatura: Victor ci dice che il giorno dopo non viaggeremo di giorno per arrivare a Uyuni, ma di notte, con un pulman comodo, ma di notte, con arrivo alle 7 di mattina ed escursione alle 10 sul Salar. Roba da matti. Mi incavolo e mi rifiuto di fare tutta quella tirata. Non è prevista dal programma. Ma in Bolivia sarà difficile rispettare il programma circa gli spostamenti. Mi metto in contatto con Shoestring, il tour operator, tramite Skype e alla fine arriviamo al compromesso che partiremo in tarda mattinata, ma ad Oruro cambieremo mezzo di trasporto prendendo il treno per Uyuni. Si arriverà attorno alle 2 di notte, ma almeno avremo qualche ora per riposare prima dell'escursione nel Salar.
Citando Skype è opportuno che faccia un inciso sulle comunicazioni telefoniche e di rete sia in Perù che in Bolivia: entrambi i Paesi hanno sviluppato molto internet e i telefoni pubblici. Ci sono dei locali chiamati "locutori" che vuol dire parlatorio, dove ci si può collegare al web per un sol l'ora in Perù e per un boliviano in Bolivia. Niente. Funziona benissimo anche se un po' lento, ma si capisce il perchè, essendo a tempo, comunque in un'ora se mandano di mail o si chiama con Skype! Per i telefoni pubblici si trovano dovunque, in ogni angolo di strada, nei negozi, sulle bancarelle, noi una domenica abbiamo perfino chiamato da un barbiere di La Paz che aveva quattro cabine di cristallo nel negozio. Si può chiamare con la "tarjeta", come chiamano la scheda, o direttamente dove esiste il contatore. La spesa è bassa, di soliti con il corrispondente di un'euro si telefona diversi minuti. In Perù le linee sono migliori ed è come chiamare il vicino di casa. Noi non abbiamo mai usato il cellulare, vista la comodità.
Riprendendo il viaggio, il treno boliviano è comodissimo. Con sedili reclinabili a mo' di letto e tanto spazio. Abbiamo avuto un'idea formidabile: visto che dovremo tornare nello stesso albergo a La Paz, abbiamo fatto un bagaglio leggero con i soli zaini per la permanenza a Uyuni e il resto lo abbiamo lasciato in deposito. Buona idea, visto i trasbordi che dovremo fare. Dicevo che il treno è ottimo, in più a bordo, oltre che ad un bel tepore, sarà il luogo più caldo di tutto il viaggio, c'è anche un'atmosfera variopinta. Viaggiatori, soprattutto donne, con le loro bombette e gli enormi pacchi fatti con la stoffa che vanno a fare i mercati. C'è anche una specie di servizio ristorante apprezzabile. Arriviamo a Uyuni dopo le 2 di notte e tra taxi e formalità entriamo in hotel alle 3. Fuori ci sono -12° e nell'albergo non più di -5°. chiediamo se ci hanno messo le stufe in camera come avevamo fatto chiedere da Victor e ci sentiamo rispondere che sono a pagamento. Non è per 25 boliviani, 2 euro e mezzo, ma se ce lo avessero detto ora non dovremmo andare a letto con la temperatura sotto zero. Anche perchè il portiere di notte ci dice che fino all'indomani le stufe non ci sono. Al mattino altra brutta sorpresa, la doccia è fredda. Io e Tami non ci proviamo neppure, visto il freddo, ma Gino rimane insaponato dopo una prima avvisaglia di acqua calda. Ci arrabbiamo, ma appena saliti sul 4 x 4 ci passa tutto. E' una delle escursioni che più aspettavamo: traversare il Salar de Uyuni fino all'Isla del Lomo Pescado, o Isla Incahuasi in lingua quechua. L'escursione è compresa nel viaggio e ci sono l'autista e una "cucinera" che ci preparerà il pranzo. Facciamo delle tappe, prima al cimitero dei treni, quelli che assaliva Buch Cassidy quando scappò in Bolivia, poi alla fabbrica del sale, che in realtà è una capanna di blocchi di sale con dentro un semplice macchinario pre la triturazione ed una anche non programmata perchè ci attraversa un branco di lama. Ed infine via, nell'immensa pianura di un bianco accecante verso l'Isla. Ho anche l'emozione di guidare il fuoristrada, basta chiedere che l'autista mi lascia il volante per qualche minuto. Prima di arrivare all'Isla ci fermiamo all'albergo di sale, dove per fotografare l'interno bisogna consumare, ma un mate de coca costa 4 boliviani, 40 centesimi di euro.
L'Isla Incahusi ci si presenta come sorgesse veramente dal mare: il sale si è incrostato davanti alle sponde a formare piccole onde solide, ma la cosa più straordinaria è la quantità di cactus alti anche 10 e 12 metri che la ricoprono. E' mezzogiorno passato e la cucinera ci apparecchia su dei tavoli di pietra e ci mette nei piatti pasta italiana, sorridendo felice di averci fatto una sorpresa. Fra l'altro è anche al dente. Poi pollo arrosto e le immancabili papas frittas. Finito di mangiare saliamo sull'isola e di nuovo non ci sono parole per descrivere quello che vediamo. Orizzonti sconfinati di un bianco accecante, persi nel blu striato di nuvole bianche del cielo, solo verso il confine con il Cile, lontano, il bianco è spezzato dalla linea scura della Cordigliera e dei vulcani. A nord il vulcano Tunupa domina il salar con i suoi 5400 metri. Sarebbe stato interessante andare a visitarlo, ma occorre un'escursione di due giorni. Così come sarebbe stato interessante andare alle Lagune Colorade, ma occorre rimanere nel salar almeno 4 giorni ed essere attrezzati. Ci accontentiamo di ammirare un tramonto indimenticabile.
Torniamo in albergo ed abbiamo un altra sgradita sorpresa, anzi due. La doccia, che funziona elettricamente, da acqua calda solo dalle 10 alle 5 del pomeriggio. Quindi non ci si lava. Poi la peggiore. A Potosi, dove dovevamo andare per visitare le miniere d'argento, c'è in corso uno sciopero selvaggio dei minatori. Praticamente hanno isolato la città e anche sequestrato personaggi governativi. Chi tenta di passare rischia grosso. Qui gli scioperi sono molto violenti, la gente non è che ha da perdere molto. Quindi tappa annullata e ordine di tornare a La Paz. Mi incazzo di nuovo. E' una settimana che il corrispondente peruviano di Shoestring, l'agenzia "Pure! Perù", sa della situazione, poteva preoccuparsi di trovarci un'alternativa. Invece ci tiene a Uyuni fino alle 8 della sera del giorno dopo, senza camera perchè nel frattempo sono arrivati altri turisti prenotati e con temperature sotto allo zero. Provo a ricontattare Shoestring, ma risponde un disco a dire che sono tutti ad un corso di aggiornamento. Ci sentiamo abbandonati. Il viaggio notturno in pulman è da ricordare. Subito a vedere il bus si capisce l'antifona: è alto sugli ammortizzatori come un fuoristrada e come tale ha le ruote tassellate. Inoltre manca il paraurti posteriore. Il motivo? Deve fare più di 250 km. di sterrato, unica strada fino ad Oruro. Ecco perchè tutti trasbordano e prendono il treno, ma va prenotato in anticipo. Comunque, messo un fazzoletto davanti alla bocca per la polvere, tirata su la coperta che ci hanno dato, preso da stanchezza, riesco anche a dormire alcune ore. Di nuovo a La Paz. Questa volta ci danno radiatori ad olio e le docce funzionano, probabile che le proteste, perorate al massimo da Victor, siano arrivate.
La Paz ci sorprende di nuovo. Victor cerca di offrirci il massimo da questa variazione forzata: visitiamo angoli veramente notevoli di architettura coloniale e i mercati rionali (grandi come interi paesi) sono una sorpresa continua. vendono di tutto, anche capretti macellati e tagli di carne posti sopra un semplice telo per terra, alla salute delle ASL e dell' HACCP!
La Paz ci sorprende di nuovo. Victor cerca di offrirci il massimo da questa variazione forzata: visitiamo angoli veramente notevoli di architettura coloniale e i mercati rionali (grandi come interi paesi) sono una sorpresa continua. vendono di tutto, anche capretti macellati e tagli di carne posti sopra un semplice telo per terra, alla salute delle ASL e dell' HACCP!
Ma la sorpresa migliore è una festa di quartiere, per la ricorrenza di San Giovanni, dove, bloccato un incrocio, donne e uomini ballano in costume tipico al suono di una vera banda-orchestra e un complesso di mariachi (non so che c'entrano, ma erano vestiti da messicani). Come al solito veniamo coinvolti, a me raccontano cose che non comprendo fino in fondo e Tami è trascinata a ballare. Ma non solo, dopo averla quasi sequestrata, tra una crisi di riso irrefrenabile, la vestono anche con un pesante costume, stessa sorte tocca a Maria. Il divertimento è assicurato.
Facciamo anche l'escursione a Tiuanaco, un sito archeologico ad un'ottantina di km. da La Paz. Scegliamo di andarci con un taxi collettivo, di quelli dove il bigliettaio fa anche da promotore urlando dove, vede gente, le fermate che farà ed il relativo prezzo. Alla fine siamo stipati in 16 dentro al pulmino da 9, ma è quello che aspettavamo! E poi 15 boliviani per 87 chilometri...
Approfittiamo anche per tornare da Brosso. Mi levo la soddisfazione di cenare con una pinahelada. Me ne era veramente rimasta la voglia.
Il 23 giugno ripartiamo per Copacabana sul lago Titicaca. La cittadina è carina, diciamo turistica per gli standard boliviani ed un poco più cara, ma per noi sono centesimi. Mangiamo in un bel ristorante con vista panoramica non proprio bene, ma siamo andati a scegliere, io e Maria, delle lasagne in un ristorante svizzero in Bolivia...! Compensiamo con la vista di un bel tramonto sul lago da un mirador chiamato "via crucis" che si deve fare a piedi...
Il giorno dopo altra arrabbiatura, si parte alle 13 anzichè la mattina presto, così arriveremo a Cusco alle 10 di sera e sfumano tutte le possibilità di vedere una minima parte dell'Inti Raimi. La festa più importante del Perù andino che si effettua il 24 giugno di ogni anno. Passo metà mattina a discutere mooolto animatamente con l'impiegata di Shoestring, ma inutilmente. Ogni volta però al disappunto segue qualcosa che ci sorprende. Entrati in Perù, percorrendo la strada lungo il lago verso nord, lavori in corso di riasfaltatura ci costringono ad una sosta impevista. Chiediamo di scendere, fa caldo, e ad un centinaio di metri, una comunità agricola, è in piena festa sempre per la ricorrenza di San Giovanni. Hanno preparato le cataste di legna da incendiare nella notte e stanno ballando. Ci avviciniamo tutti e veniamo coinvolti. Hanno già messo il costume a due ragazze probabilmente inglesi o scozzesi, visto quanto sono chiare e le stanno facendo ballare. Gino è assunto come cameriere volante per offrire da bere ai nuovi arrivati. Scatto decine di foto, ci sono bambini di un bello eccezionale. La gente, sia peruviani che boliviani, è veramente cordiale e pronti a dividere quel poco che hanno, almeno per la nostra esperienza.
Prima di Puno, dove dovremo cambiare pulman, sentiamo Victor molto agitato parlare al cellulare. Motivo: la fermata ha fatto accumulare ritardo e il pulman a Puno non ci ha aspettato. Però Victor ha fatto in modo che la "Pure! Perù" pagasse la differenza per viaggiare con un pulman ancora più comodo, a due piani, con hostes e cena a bodo che parte pochi minuti dopo e alla fine arriverà a Cusco pochi minuti prima dell'altro che non ci ha aspettati. Casa de Campo è un albergo a villette carino, solo tutto in salita con gradini irregolari, situato nel barrio de San Blas, il quartiere degli artisti. Le nostre abitazioni sono in alto e godiamo di una panoramica notturna notevole, in più ci sono i radiatori ad olio. Cusco il giorno dopo si presenta come una cittadina delle Dolomiti. Pulita, piena di fiori anche sui pali dei lampioni. Con una piazza principale circondata su tre lati da bellissime chiese coloniali di pietra e su un lato da portici.
Abbiamo in programma la visita di Sacsayhuaman e per l'occasione ci accompagnerà una guida conoscente di Victor, professoressa d'italiano, con un mezzo tutto per noi. Sacsayhuaman è la fortezza precolombiana che sovrasta Cusco. Una meraviglia mondiale. Peccato che ci siamo persi la festa celebrativa che vi si è svolta il giorno prima. Gli enormi blocchi di pietr stanno a testimoniare di come non solo la nostra sia da considerare una civiltà. Rimane il mistero di come gli Incas abbiano alzato e trasportato i blocchi, non conoscendo neppure la ruota. La professoressa è affabile e simpatica, ci sopporta nel nostro non ascoltarla per fare le foto.
Tornati a Cusco ci porta anche a visitare la chiesa Convento della Merced dove viene custodito il più grande ostensorio del mondo; un capolavoro di ceselleria in oro argento e pietre preziose. Usciti notiamo un ristorante italiano, "da Adriano" e visto che è l'ora ci fiondiamo dentro e finalmente, dopo 20 giorni, mangio delle lasagne come si deve. Il locale è carino, un poco più caro della media, anche se sempre economico per i nostri standard ed l'unica eccezione, oltre che l'ultimo giorno a Cusco in cui ci torneremo, che ci concediamo rispetto alla cucina locale che abbiamo sempre preferito. Nel pomeriggio giriamo per Cusco e ci soffermiamo a vedere la pietra dei 12 angoli, incastonata in un muro ciclopico risalente al massimo splendore Inca. Siamo all'epilogo del viaggio. La mattina del 26 giugno, per non fare una levataccia, Victor contratta un taxi che ci porta fino Ollantayambo dove alle 7 e 30 prenderemo il treno per Aguas Calientes, trampolino di lancio per Machu Picchu. Anche per questa parte del viaggio abbiamo portato solo gli zaini leggeri, lasciando il grosso dei bagagli a Cusco. Il treno è caratteristico e molto lento, per coprire una quarantina di chilometri impiega 3 ore. Ma è una delle attrattive, nonchè l'unico mezzo per arrivare ad Agua Calientes. Questa è una cittadina asservita al turismo di Machu Picchu, si deve pernottare qui. Su alle "ruine" c'è un solo lodge ed è molto caro. Ci sono più alberghi e ristoranti che abitazioni. E un grande mercato di bancarelle, molto ordinato e coperto. Il nostro albergo è carino e decente, ma per arrivarci ci sono trecento metri di salita ripida e tutta la zona è pedonale. Meno male che l'altitudine è di soli 2000 metri, abituati ai 3800 medi degli altipiani e del lago, sono niente. Nel pomeriggio decidiamo di andare alle piscine termali, non per niente il paese si chiama Aguas Calientes, per rilassarci. E tutto andrebbe bene, se non fosse che lascio il mio bel sombrero, che non mi sono più tolto, all'attaccapanni degli spogliatoi pubblici, non trovandolo più naturalmente. Mi arrabbio tantissino con me stesso e unica consolazione che ne trovo uno simile, ma non bello come il primo, su una bancarella del mercato dopo aver cercato per ore.
L'escursione a Machu Picchu è la più costosa del viaggio: 122 soles a testa, circa 30 euro, più il costo del biglietto del pulmino per arrivarci, ma almeno questo è compreso. Ed è giusto così. Machu Picchu è patrimonio dell'umanità e viene considerato una delle meraviglie del mondo, con un fragile ecosistema e da tempo si sente parlare di numero chiuso per non rovinarlo. I pulmini sono tutti dei Mercedes nuovi di zecca che vengono lavati ad ogni viaggio, la strada è sterrata e piena di curve, ma viene bagnata continuamente da autobotti per evitare la polvere. Otto chilometri che tagliano una vera giungla equatoriale, tra picchi verdissimi ricoperti di fitta vegetazione e orchidee che ricoprono gli alberi. Arriviamo all'ingresso, percorriamo pochi metri e dietro un angolo ecco, appare la meraviglia. Solo questo vale il viaggio. Le rovine, viste mille volte nelle foto e nei documentari, sotto il picco di Wayna Picchu, la montagna giovane, contrapposta a Machu Picchu che significa la montagna vecchia, in una cornice di alte vette alcune incappucciate dalle nubi. Visitiamo il sito archeologico in tutti gli anfratti, osservando anche il sistema idrico costruito dagli Incas, immaginando come ci vivevano. Ma il mistero di come sia stato costruito e del perchè e di che cosa rappresentasse, rimane. E forse è la cosa più affascinante, quella che spinge ad arrivare fin qui.
Maria è felice, anche perchè nei primi giorni non è stata bene e ha dovuto stringere i denti, ma ora è ripagata di tutto. Percorriamo anche un tratto del cammino degli Inca fino alla porta del Sole, da dove si vede la strada che sale da Aguas Calientes ed un insieme del sito. Rinunciamo invece a salire su Wayna Picchu perchè troppo ripido, ci vogliono due ore e poi c'è il numero chiuso di 400 visitatori al giorno e c'è già una lunga fila in attesa. Prima di riprendere il pulmino, ci timbriamo i passaporti con l'apposito timbro e torniamo ad Aguas Calientes e da qui di nuovo il treno per Ollantayambo che, fra l'altro, ci pentiamo di non aver voluto visitare, infatti dal taxi abbiamo intravisto donne indossare costumi eccezionali, diversi da ogni altro. Comunque rientriamo a Cusco. Questa volta il riscaldamento dobbiamo pagarcelo, 10 soles, in compenso a me e a Tami hanno dato una specie di suite con tanto di caminetto nel quale facciamo accendere un bel fuoco. Naturalmente dopo essere andati a farci l'ultima mangiata da Adriano.
La mattina dopo aereoporto e rientro a Lima con volo locale compreso nel prezzo del viaggio. All'aereoporto di Lima ci salutiamo con Victor che ha terminato il lavoro. Prima però ci procura un taxi a buon prezzo, 30 soles per la corsa fino al Mariel, un niente, 7 euro per una distanza di una trentina di chilometri. Così rimaniamo d'accordo con l'autista perchè ci venga a prendere anche il giorno dopo all'albergo per riportarci all'aereoporto per il volo intercontinentale. Approfittiamo del tempo a Lima per gli ultimi acquisti, scoprendo un mercatino di bancarelle al coperto enorme. Per mangiare torniamo al parco Kennedy e scopriamo una via laterale piena di ristoranti contigui dove si mangia bene a prezzi contenuti e dove, il giorno dopo a pranzo, mangerò l'ultima bistecca di alpaca con papas frittas. Il taxi è puntualissimo, anzi in anticipo e mente siamo in auto, abbiamo la sorpresa che Victor telefona all'autista per sincerarsi che fosse venuto a prenderci. E questo va al di là della pura professionalità... Anche il ritorno è lunghissimo, stesse ore di attesa a Madrid, ma ormai si può ingannare il tempo pensando già al prossimo viaggio.
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L'organizzazione: prima di scegliere, mi sono fatto fare una decina di preventivi. Ho navigato nel web consultando decine di operatori, anche direttamente in Perù. A parte che non trovavo il viaggio come lo volevo, con l'estensione in Bolivia, quando sono riuscito ad averla, i prezzi oscillavano tra i € 3500 e i 3800 , tasse comprese ma con alcuni pasti liberi, cioè da pagare. Poi su internet ho trovato Shoestring.it, del gruppo Kuoni, (vedi indirizzo sotto) che offriva l'organizzazione del viaggio nudo e crudo, con un prezzo competitivo e la possibilità di trovarsi il volo da soli. Alla fine quel che ne è venuto fuori e quanto segue: corpo viaggio (guida accompagnatore per 21 gg., pernottamenti ed escursioni al Canion del Colca, Salar de Uyuni e pulman per Machu picchu compresi) € 1199; volo Iberia (prenotato con largo anticipo) € 696 tasse comprese; una notte pre tour 30 euro; transfer 30 euro; una notte post tour 20 $, cioè 14 euro. La notte post tour è stata necessaria per rientrare nella fascia di prezzo più bassa per il volo, altrimanti avremmo pagato 1020 euro. Misteri dei biglietti aerei. Quindi con i 15 euro di iscrizione spesa corpo viaggio e volo = a 1970 euro. Per mangiare, fare le altre escursioni, i taxi e quant'altro, esclusi naturalmente i souvenir, abbiamo speso circa 460 euro, uno più, uno meno. A testa il viaggio è venuto sui € 2430, tutto compreso a cui bisogna aggiungere € 55,42 per la polizza di assicurazione che abbiamo dovuto fare per conto nostro, visto che Shoestring non la fornisce, ma richiede come obbligo. Noi abbiamo scelto la copertura ORO di InsuranceBookers (vedi indirizzi sotto) che comprende, oltre all'assistenza medica, anche l'annullamento, i bagagli, gli sport pericolosi e tante altre cose. Quindi il TOTALE GENERALE si è aggirato sui € 2.485 euro più, euro meno
Per mangiare non abbiamo mai speso più di 7 euro a pasto, ma la media era 5 in Perù e 3,5 in Bolivia, mangiando bene, eccetto alcune volte che abbiamo voluto sperimentare, ma se si sta su un lomo di carne (bistecca), alpaca, pollo e patate, si va sempre sul sicuro. Una colazione continentale, quando non compresa, di media costa 10/12 soles in Perù e 10/15 boliviani in Bolivia (2,5 e 1,5 euro), in albergo. La pasta è di grano duro ed è mangiabile, carbonara e bolognese sono buone. il pane va chiesto e ti guardano come un poveraccio, ma quando sanno che siamo italiani fanno un sorriso, sanno che siamo gli unici che lo vogliono. L'acqua ai chioschetti costa 1 soles in Perù e un boliviano in Bolivia, pochi centesimi per una bottiglia da 650 ml. (non esiste il mezzo litro). In Bolivia si compra meglio. Strumenti musicali, cappelli, maglioni di alpaca hanno costi per noi quasi irrisori. Il cotone però è migliore in Perù e le magliette conviene comprarle in Perù.
Indirizzi utili: tour operator: www.shoestring.it -- volo: www.iberia.com/it/ -- assicurazione: www.insurancebookers.it -- Skype: www.skype.com -- agente Shoestring in perù: http://www.pure-peru.com/ .
Hotel: Lima: Mariel Hotel http://www.mariel-hotel.com/ - Ica: Curasi Hotel - Nazca: Alegria Hotel http://www.hotelalegria.net/ - Arequipa: Benavides Hotel http://www.hotelesbenavides.com/ - Chivay (Colca Canyon): Collahua Hotel http://www.hotelcollahua.com/ - Puno: Balsa Inn Hotel http://www.hotelbalsainn.com/ - La Paz: Cruz de los Andes Hotel - Uyuni: Toñito Hotel http://www.bolivianexpeditions.com/ - Copacabana: Las Kantutas Hotel @ hotelkantutas@entelnet.bo - Cusco: Casa de Campo http://www.hotelcasadecampo.com/ - Aguas Calientes: Pachakuteq Inn
Molti di questi hotel fanno anche da agenzia tutristica, chi volesse provare può tentare di farsi fare il tour direttamente da loro, probabilmente risparmiando ancora di più.
Vaccinazioni: non sono necessarie. Noi comunque avevamo quella contro il colera che funziona anche per alcuni tipi di diarrea del viaggiatore. Ma per questa l'unica cosa è stare sempre in guardia, essendo Paesi tropicali, con l'acqua che si beve: solo da bottiglie sigillate, oppure infusi di cui si sia sicuri che l'acqua è stata bollita e niente ghiaccio, che viene fatto con l'acqua di rubinetto (e poi fa freddo...). Anche i denti noi li lavavamo con l'acqua minerale. Abbiamo fatto anche la febbre gialla, ma inutilmente, nessuno la chiede, né in Perù, né in Bolivia, a meno che non si vada nella foresta amazzonica. Zanzare non ne abbiamo viste, in quota è certo che non ci sono, comunque anche sulla costa non ce ne erano. In ogni caso avevamo dietro il Lariam, che può anche funzionare come terapia d'urto, oltre che come profilassi. IN OGNI CASO CONSULTARE IL PROPRIO MEDICO E LE A.U.S.L. TERRITORIALI che sono le uniche in grado di fornire informazioni e prescrivere cosa fare.
RICORDATEVI DI REGISTRARVI SUL SITO www.dovesiamonelmondo.it noi lo facciamo per ogni viaggio.
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Nota: soprattutto in Bolivia è presente un turismo giovane. Abbiamo visto centinaia di ragazzi con il loro zaino e sacco a pelo. Ragazzi di tutto il mondo, americani, olandesi, molti israeliani, francesi, giapponesi, da soli o in gruppo.
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Positivo: il prezzo, avanti a tutto. La guida-accompagnatore sempre con noi. Un po' di adventure, che non guasta. Il contatto con la gente e gli spostamenti con i mezzi di linea. I telefoni e internet.
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Negativo: Un po' di approssimazione nel programma, sapere alcune cose come del riscaldamento avrebbe eliminato il problema, bastava avvertire che si era disposti a pagare dove lo richiedevano, per 3 euro... In Bolivia occorre molta pazienza, difficile programmare gli spostamenti, ma non più di tanto..
Consiglio: se andate nella nostra estate, il loro inverno, felpe di pile e giacche a vento, guanti e, insomma, come se andaste a sciare, soprattutto in Bolivia, ma anche sull'altopiano peruviano.
FINE.
Tutto il materiale è di proprietà di www.omarmagazine.blogspot.com Testo e foto riproducibili in toto od in parte purchè se ne citi la fonte
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