Tuesday, January 10, 2006

MESSICO: Akumal




MESSICO E SOLE !!!




"Che bella vita..."






Decidiamo di regalarci una vacanza. Io e Gino curiosiamo un po’ in qualche agenzia di viaggi, poi l’occhio ci cade su di un’offerta last minute. Messico. Costa caraibica dello Yucatan. Decidiamo in tre minuti. E così si parte.
Volo diretto Milano Cancun. Poi il pulmino del villaggio turistico ci porta ad Akumal, pochi km. da Tulum.
Dopo 9 ore di aereo, atterriamo a Cancun ed io ho un piccolo problema alla dogana: già sull’aereo ci avevano avvertiti che non potevamo portare con noi nessun tipo di frutto, ma me ne ero dimenticato e così mi sequestrano due kiwi che avevo con me.

Appena fuori dall’aereoporto saliamo sul pulman che ci conduce al villaggio. E’ carino. Belle piscine, spiaggia bianchissima e palme caraibiche. Quello che volevamo. Facciamo subito amicizia con due giovani coppie, una di Genova, turisti come noi ed una in viaggio di nozze. Siamo alla fine di marzo ed il sole picchia forte, torneremo con una bella abbronzatura.
Ci sistemiamo, facciamo il primo bagno in mare, l’acqua è tiepida e ci lasciamo crogiolare dal sole del tramonto.

Volevamo fare solo mare, ma curiosando nel villaggio, ci lasciamo tentare da un’escursione a Chichen Itza subito il giorno dopo. E facciamo bene.
Il Castillo ci appare in tutta la sua maestosità, con la ripida inclinazione ed i gradini strettissimi. Decidiamo di salire e dall’alto il sito ci appare in tutta la sua bellezza. Sul retro il tempio delle mille colonne mi fa pensare a come si presentò agli invasori spagnoli. Splendido nell’architettura e nei colori. E mi lascio andare a fantasticare di come si compivano i sacrifici sull’altare, magari dei giocatori della palla.
Scendiamo stando molto attenti, la piramide è veramente ripida e siamo obbligati a tenere i piedi di traverso, meno male che c’è una corda per tenersi.

Il sito è molto vasto e c’è da camminare molto, ma ci riserva numerose meravigliose sorprese. L’osservatorio astronomico, il tempio del giaguaro, il campo del gioco della palla. La guida ci spiega che erano i vincitori ad essere sacrificati, perché era un grande onore essere mandati ad una nuova vita assieme agli dei (anche se di questo ci sono diverse versioni). Valeva proprio la pena fare questa escursione.

Sulla strada del ritorno ci fermiamo a mangiare in ristorante tipico, c’ è un folto gruppo di ballerini che danza con una bottiglia sulla testa al suono di una musica tipicamente messicana. E’ carini, anche se è evidentemente uno spettacolo per turisti.
Sempre sulla strada del ritorno ci fermiamo a Valledolid, una città rimasta in stile coloniale. Peccato che il tempo è poco e possiamo vedere quasi niente.
Nel tratto finale, dopo una sosta, sul pulman sale un ragazzino con in braccio uno strano animale, riconosciamo che un armadillo, con la sua corazza squamosa. Raccoglie le sue mancette e scende. Purtroppo nell’interno dobbiamo constatare che il livello di benessere è molto basso e le baraccopoli attorno ai villaggi molto frequenti.

I due giorni successivi li dedichiamo completamente al mare e al sole. Nonostante l’uso abbondante di creme solari, Gino si scotta le caviglie molto profondamente. Capita perché cammina spesso nell’acqua e così va via la protezione.
Nonostante ciò, il quarto giorno decidiamo di andare a Tulum, una delle perle dell’archeologia Maya, l’unica in riva al mare.
Tulum dista pochi chilometri da Akumal e per andarci decidiamo di prendere un “collettivo”. Si tratta di pulmini - taxi semi abusivi che caricano anche 12 – 14 persone. Non ci sono fermate o riferimenti, basta fermarsi lungo la carettera principal dove ci sia una piazzola sterrata e fare cenno. Non passano 5 o 6 minuti che qualcuno si ferma; bisogna contrattare il prezzo (a costo di non salire) ed è fatta.
Scendiamo a Tulum nuova e decidiamo di andare al sito a piedi. Facciamo male, perché c’è più di un km. ed era meglio prendere una specie di trenino tutto colorato trainato da un trattore che fa servizio di continuo.
Paghiamo il biglietto, con un supplemento per la telecamera e scopriamo che la domenica l’ingresso è gratuito. Transitiamo dallo stretto passaggio e la spianata di Tulum ci appare davanti. E’ tutto molto interessante, comprese le grosse iguane che stazionano sulle pietre delle rovine a godersi il sole, sono veramente grosse. Ma la sorpresa è quando arriviamo al bordo della scogliera. Davanti il mare dei carabi, azzurro e turchese, in lontananza la barriera corallina, bianco di spuma sulla spiaggia, anch’essa bianchissima e sulla nostra sinistra il castillo e le altre rovine in lontananza. E’ uno dei posti più belli che abbia mai visto e che mi rimarrà sempre dentro. Visitiamo tutto e c’è anche il tempo di fare un bagno. Se mai dovessi tornare nello Yucatan, farei base a Tulum.


Nel tornare sulla strada principale, ci fermiamo nella piazza dove partono i trenini e abbiamo la fortuna di assistere ad uno spettacolo di folkrore che riprende un’antica usanza maya. In cima ad un palo altissimo ci sono cinque indios, uno in piedi nel mezzo che suona e canta e quattro seduti. Improvvisamente i quattro si lasciano andare e scendono a testa in giù, legati ad una corda che si srotola man mano che il palo ruota. Lo spettacolo è ogni trenta minuti e aspettiamo per poterlo rivedere.

Sulla carrettiera, questa volta, prendiamo un pulman di linea, quello che è definito el bus obrero, il bus operaio. Ed infatti trasporta tutta una serie di lavoratori, compreso venditori di polli vivi. Fantastico. C’è pure il bigliettaio con la macchinetta appesa al collo. Naturalmente qui i prezzi sono fissi, il servizio è statale.

Prendere i “collettivi” è troppo divertente, così il giorno seguente, nel tardo pomeriggio, dopo esserci goduti il sole e il mare, assieme alle altre due coppie, decidiamo di andare a Playa del Carmen. Ci piazziamo sulla carrettera e quasi immediatamente si ferma una monovolume con già 4 o 5 persone a bordo. Contrattiamo il prezzo complessivo per tutti e otto e ci portano nella piazza principale di Playa del Carmen.
La cittadina è carina, molto turistica però. È anche il porto da dove partono i traghetti per l’isola di Cozumel ed il secondo centro turistico dello Yucatan dopo Cancan.
Ci lasciamo andare al curiosare tra i negozietti e a contrattare su ogni cosa, anche se non vogliamo comprare niente. Gino dimostra una incredibile capacità e pazienza. Riesce a spuntare prezzi anche al di sotto della metà di quello di partenza. Alla fine abbiamo i nostri souvenir e ci sembra di aver fatto dei veri affari. Troviamo anche un ristorante italiano, lo Ambasciata d’Italia, specialità ravioli, strozzapreti e pesce alla griglia.
Torniamo nella piazza da dove partono i collettivi che è già buio. Capiamo che trovare un passaggio è più complicato, così decidiamo di salire sul primo che ci capita. Noi siamo otto, poi ci sono l’autista e un ragazzino che funge da bigliettaio, e ci sono altre due persone. Dodici. Per strada notiamo che soprattutto i locali non si perdono d’animo e per attirare l’attenzione e far fermare questi bizzarri taxi, si dotano di pile e lampade portatili. Fanno salire altri due e siamo a 14. Praticamente siamo uno in collo all’altro, in questo monovolume che perde pezzi di tappezzeria e che fila molto allegramente. Comunque ci scendono davanti all’ingresso del villaggio e facciamo il nostro ingresso con sombreri e cianfrusaglie varie.

E’ l’ultimo giorno, lo dedichiamo ad una escursione per fare snorkelling. Abbiamo aspettato fino all’ultimo che il mare si calmasse, c’era stata una burrasca al largo subito i primi giorni, ma non abbiamo fortuna, dove ci portano c’è ancora l’acqua torba e si vede pochissimo, così ripiegano su di un cenote, un fiume sotterraneo, nel punto dove riemerge e sfocia in mare.
All’ingresso della piccola baia che forma, ci sono due motovedette dell’esercito. Le guide ci spiegano che i contrabbandieri spesso usano questi ripari naturali per fare i loro traffici. Il posto è molto bello, con le mangrovie e le loro radici immerse in un’acqua che mescolandosi tra dolce e salata crea strane combinazioni.
Ci sono tantissimi pesciolini colorati e dove il fiume finisce, la giungla tropicale prende il sopravvento.
Comunque non siamo molto soddisfatti e, a posteriori, capiamo che era meglio se invece di questa escursione andavamo a X-Caret. Pensavo che fosse un luogo per turisti americani e solo successivamente abbiamo scoperto che un parco eco-archeologico di notevole bellezza, con attrazioni da non perdere e persino la possibilità di nuotare con i delfini. Se andate sulla costa dello Yucatan, non ve lo perdete, tra l’altro costa molto meno di un’escursione ed è tra Akumal e Playa del Carmen.
Rientriamo al villaggio che c’è ancora il tempo di un bagno. Così faccio un poco di snorkelling ed è proprio lì, a pochi metri dalla riva, che avvisto un paio di testuggini. C’è infatti un passaggio nella barriera corallina che usano per arrivare sulla spiaggia ed è facile avvistarle.

La vacanza è finita, la mattina del seguente ci svegliano alle 4 e ci accompagnano all’aereoporto. Non ci resta che augurarci di poter tornare in questa terra magnifica, dove i Caraibi e l’arte Maya si uniscono in un fascino unico.





















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